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Foto&Food: Giorgio Cravero (parte I)

2017-06-09 Dopo quella di Andy Warhol, che sorrideva gialla nella celebre copertina del primo album dei Velvet Underground, la sua è la più famosa. Non a caso, quando Giorgio Cravero va in giro per il mondo, tutti lo chiamano “The Banana One”. Il motivo? La sua foto con il casco di banane che perde colore ha vinto il prestigioso Premio Hasselblad Masters 2016.
Un riconoscimento importante. In un mercato come quello della fotografia, in cui le soddisfazioni non sono proprio all’ordine del giorno, causa tempi sempre più furibondi e budget sempre più ristretti, conferma come il fotografo torinese stia andando nella direzione giusta.
Nato nel 1975, Cravero si è diplomato in Visual Communication all’Istituto Europeo del Design di Milano e ha iniziato a lavorare come fotografo di architettura e di still-life, unendo la fotografia tradizionale alle nuove tecnologie digitali e combinando diverse tecniche per comunicare il suo modo di percepire spazi e oggetti, usando la luce per descrivere forme e materiali.
Nel 2012, dopo due anni in partnership, ha acquisito Studio Blu a Torino, uno dei più antichi e gloriosi studi di still life. Lo ha rinominato Studio Blu 2.0 e ha voluto accanto a sé un team di lavoro per seguire tutto il processo creativo e produttivo, dall’ideazione alla produzione, alla post-produzione.
Come vivi il tuo lavoro, Giorgio?
«Ormai ci sono più fotografi che cristiani… Ma il mio lavoro è nato dalla passione e viene alimentato da questa stessa passione. E anche dall’artigianalità, di cui sono un fautore: tu puoi studiare finché vuoi, ma l’esercizio quotidiano è fondamentale perché non bisogna mai perdere l’allenamento. Nel mio lavoro, mi concentro sempre sulla ricerca della qualità, sia come collaboratori sia come attrezzature. E sono convinto che ci sia un pezzo di me, non solo nei miei progetti di ricerca, che possono vivere in una galleria d’arte, ma anche nelle immagini che vivono nel sito di un cliente, dove credo venga apprezzata anche la mia parte autoriale – lo dico umilmente –, no n solo quella tecnica».
Negli ultimi anni, ti sei dedicato alla fotografia in ambito Food&Beverage.
«La food photography è una delle branche dello still life e ci sono arrivato per naturale evoluzione. Mi piace mangiare bene e, negli ultimi anni, mi sono reso conto che dietro il cibo non c’è solo l’atto del nutrirsi, ma anche l’arte della cucina. Ho iniziato a documentarmi il più possibile sulla cucina, a studiare com’è cambiata storicamente sia la gastronomia che la foof photography e come ci siano dei periodi abbastanza codificati, con alcune mode, come avviene nella fashion. E ho iniziato a sperimentare… Uno dei nostri principali clienti, quando sono entrato in Studio Blu nel 2010, è stato Ferrero, per cui ho potuto mettere subito in pratica quanto stavo sperimentando. Oggi lo Studio Blu 2.0 ha due sale posa e la più grande è dotata di una sua cucina».
(continua)

Mariagrazia Villa

Fotografie: Giorgio Cravero

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