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Food&Kitchen: risponde la scrittrice Dina Ravaglia (parte II)

2017-06-05 Continua la nostra chiacchierata con la scrittrice Dina Ravaglia.
Architetto, un marito e tre figli, in dodici anni ha scritto sette romanzi, di cui cinque pubblicati (“La Luna Sporca” per Edizioni Ponte Gobbo nel 2008, “La mano di legno” per Edimond Edizioni nel 2011, l’ebook “L’isola degli internati” per il torneo letterario Ioscrittore 2012, “Uno” per Nicola Calabria Editore nel 2014 e “Il cuore opposto” per Gilgamesh Edizioni nel 2017), e tanti racconti, di cui due (“La curva del cielo” nel 2008 e “Nero ultimo espresso” nel 2015) usciti all’interno di antologie letterarie.
Quale ingrediente, Dina, non può mai mancare nella tua cucina?
«Calore, vino e buona compagnia, appunto, ma vanno forte anche le spezie. Adoro la cucina etnica e ho una vera predilezione per quella indiana. Purtroppo alle nostre latitudini i ristoratori tendono a “edulcorare” i piatti, immaginando di avvicinarli di più al nostro gusto. A me la cucina indiana piace proprio perché molto speziata e piccante».
Qual è l’oggetto più divertente che hai in cucina?
«Una bilancia pesa-neonati anni Cinquanta. In realtà è più curioso che divertente, è un oggetto salvato dalla distruzione che avrà pesato migliaia di bambini, e ora ha trovato una nuova vita: libreria e portaoggetti. Mi piace reinventare vite nuove per gli oggetti desueti e dimenticati».
L’ultima volta in cui hai mangiato bene.
«L’altra sera abbiamo cucinato il pesce nel Tajine, una pentola marocchina di terracotta portata a casa da Marrakesh. Il cibo è parte integrante della cultura di un popolo, e trovo che assaggiare la cucina locale sia parte imprescindibile del viaggio. Ieri sera, invece, sono stata a cena in un locale molto in auge al momento, ma devo dire che è meglio il nostro Tajine».
Qual è la ricetta che ti viene meglio?
«Mi vengono bene i primi piatti tradizionali, come gli spaghetti alla carbonara, oppure piatti speziati ed “etnici” come pollo o gamberetti al curry. Una banalità, però la ricetta che mi riesce meglio in assoluto è la crostata di marmellata».
Quali qualità apprezzi in un cuoco?
«La cura nella scelta degli ingredienti, unita alla capacità di conferire ai piatti una marcia in più in termini di gusto. Cucinare bene è una prerogativa di molti; andare oltre e arrivare al sublime è sicuramente un dono di pochi».
Che significato ha per te il cibo?
«Il cibo è sostentamento e poesia; cucinare per gli altri è un bellissimo atto d’amore».

Mariagrazia Villa

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