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La macrobiotica moderna: l’esperienza di Roberto Marrocchesi (parte II)

2017-04-26 Continuiamo la nostra chiacchierata con Roberto Marrocchesi, che ha quarantacinque anni di pratica macrobiotica e quaranta di attività, alle spalle.
Lavora come naturopata e nutrizionista, consulente e insegnante, autore di numerose pubblicazioni sul tema e ideatore di percorsi e attività formative per salvaguardare la nostra salute.
Quando e come, Roberto, si è avvicinato alla macrobiotica?
«Da ragazzo, leggevo di tutto, anche i biglietti del tram. A 21 anni, mi sono imbattuto ne “La dieta macrobiotica” di Georges Ohsawa, trovato in una bancarella di libri usati nel 1972. Avevo già letto di questa macrobiotica che sembrava guarire ogni malattia, sulla rivista “Annabella” di mia madre, che ogni tanto sfogliavo… All’epoca studiavo Farmacia all’università e avevo qualche problema di stomaco che desideravo risolvere. Peraltro, l’anno prima ero stato ad Amsterdam con degli amici e, in un locale hippy, avevo trovato cibo macrobiotico… Ohsawa fu per me un flash: da quel momento imposi a mia madre di farmi sempre il riso integrale! Trovai due o tre negozietti a Torino che vendevano questi prodotti della macrobiotica e per i quali dovevo essere l’unico cliente…».
Allora è vero che i libri possono cambiare la vita delle persone.
«Sì. Mi sono laureato a Urbino e, fuori casa, ho potuto praticare una splendida dieta macrobiotica austera da studente povero. Nel 1976, sono andato a Milano ad ascoltare una conferenza del giapponese Michio Kushi e lì la mia vita è cambiata».
Kushi, allievo di Ohsawa, è stato, nella seconda metà del Novecento, la massima autorità mondiale della macrobiotica.
«Sì, ha contribuito a diffondere questa filosofia di vita negli Stati Uniti, dove si era traferito dopo la seconda guerra mondiale. Kushi aveva capito che la rivoluzione vera per l’umanità era quella biologica e, di conseguenza, che il cibo era fondamentale. Al termine di quella conferenza a Milano, Michio mi diede la mano e ricordo ancora che sentii tutta la sua qualità vegetale: aveva una mano morbida e flessuosa come un bambù».
Cosa le disse?
«Mi guardò negli occhi e disse: vedo che viaggerai in tutto il mondo, per cui cerca di equilibrarti molto bene con la dieta. Poi aggiunse: perché non vieni a Boston a studiare da noi? E io? Mi laureai e poi decisi di partire per gli Stati Uniti. A Boston, Michio aveva appena fondato il Kushi Institute for Macrobiotic Studies, e io fui il secondo iscritto. C’era una vasta comunità di macrobiotici che provenivano da tutto il mondo. Mi trovai un lavoro da operaio per mantenermi negli studi. Il cibo era al centro della mia vita! Dopo il diploma, nel 1979, trovai un impiego come insegnante di macrobiotica e fondai un’azienda per produrre proteine vegetali e alimenti biologici come tofu, seitan e altro».
Perché nel 1989 decise di tornare in Italia?
«Sentivo che l’esperienza americana era finita. Arrivato in Italia, scoprii che, essendo il primo italiano a essersi diplomato al Kushi Institute di Boston, ero un mezzo eroe e, senza far nulla, fui chiamato a tenere corsi, conferenze e a dare consulenze. Ho insegnato al Kushi Institute di Firenze e di Milano, poi in Germania e in Svizzera. Gli anni Ottanta e Novanta sono stati i più belli per la macrobiotica, perché era considerata la punta di lancia di tutta la dietetica curativa».

Mariagrazia Villa

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