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Food&Kitchen: risponde il deejay Marco Pipitone

2018-02-12 Marco Pipitone è fotografo presso il laboratorio fotografico del Centro Studi e Archivio della Comunicazione (CSAC) dell’Università di Parma.
Da sempre appassionato di musica, dal 1996 sale alla consolle dei maggiori locali rock italiani, tra i quali “Onirica” (Parma), “Transilvania” (Milano), “Fuori Orario” (Reggio Emilia), “Estragon” (Bologna), “Le Capannine” (Catania), “Cage Theatre” (Livorno), “Capanno Black Out” e molti altri.
Dal 2001 è ideatore di “Endenocte”, progetto legato alla musica dark-wave. Cura un blog e la rubrica “9 canzoni 9 di Marco Pipitone” per il quotidiano nazionale “Il Fatto Quotidiano”.
Il primo pensiero quando entra in cucina, Marco?
«Fuori da questa cucina i problemi quotidiani! È ora di preparare».
Il piatto più rappresentativo della sua vita e perché.
«Molto banalmente la pizza. Sinonimo di gioia e felicità connessa a momenti personali speciali».
Il vino che le fa battere il cuore.
«La Ribolla Gialla, un vino bianco friulano che si accompagna magicamente con le verdure, gli sformati, ma anche con i formaggi saporiti, le minestre e i risotti. Possiede un aroma particolarmente profumato e delicato, in cui a spiccare sono le note floreali, tali da rendere questo vino speciale, soprattutto se servito fresco».
Cos’è per lei il top in cucina?
«Il profumo scaturito dalle pietanze in lavorazione. Il cibo non è ben cucinato se non “arreda casa”».
Quale ingrediente non può mai mancare?
«Le spezie. Adoro usufruirne e capire come meglio dosarle, ergo cucinarle».
Qual è l’oggetto più divertente che ha in cucina?
«Il mortaio e il suo relativo pestello, oggetti che riconducono giustappunto alle spezie».
C’è un piatto che vorrebbe sperimentare?
«Sono appassionato di cucina indiana e da anni cerco una persona che m’insegni a preparare il Dahl di lenticchie».
Qual è la ricetta che le viene meglio?
«La cucina mediorientale presenta alcune pietanze con le quali mi cimento, da anni, come il Cous Cous oppure le verdure preparate secondo ricette antiche e piuttosto laboriose».
Quali qualità apprezza in un cuoco?
«L’intraprendenza e la creatività sono segni distintivi ai quali un cuoco dovrebbe poter attingere deliberatamente».
Che significato ha per lei il cibo?
«Lo adoro, ma ne sono altrettanto distaccato: non mi nego il piacere della tavola, ma più che mangiare, sono attratto dalla preparazione e dalla seguente realizzazione delle portate. La perfetta esecuzione di un buon piatto conduce a un vero e proprio atto creativo, il quale, com’è noto, riporta all’arte».

Mariagrazia Villa

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