Gli architetti di ALMA: la cucina di Elena Minari
2017-09-15
La sua formazione da architetto, la parmigiana
Elena Minari la porta anche in cucina. E non perché progettare e costruire piatti sia per lei un simpatico hobby della domenica, come uno ama andare a far jogging, ma perché è la sua professione. Dopo la laurea in architettura ambientale, infatti, si è diplomata ad
ALMA-La scuola internazionale di cucina italiana di Colorno e oggi è
sous chef alla
Locanda Mariella di Fragnolo, storico ristorante della provincia di Parma, dove lavora con lo chef Paco Zanobini.
Come cuoco, Elena, che qualità pensi di possedere?
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Quando cucino, cerco di rispettare sempre la materia prima, di valorizzarla senza stravolgerla, e di esprimere la qualità dell’improvvisazione: riesco a preparare un piatto con quello che trovo nel frigo o in dispensa, perché ho una curiosità così ampia che mi porta a esplorare nuovi ingredienti, nuove tecniche, ad andare a mangiare nei ristoranti che m’ispirano e a leggere tantissimi libri di cucina e saggi gastronomici».
C’è un piatto che ti rappresenta più degli altri?
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L’idea della torta di mele. Assai più della torta in sé che, peraltro, ogni volta cambio leggermente, come ricetta, per non ripetermi. Mi ricorda la nonna paterna, ed è l’unico dolce che mi faceva la mamma quando ero piccola… Mi rappresenta perché è molto semplice, ma trasmette calore, dà l’idea di casa, fa sentire bene».
Esiste un legame tra bioarchitettura e cibo etico?
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Il cibo etico è quello dei piccoli produttori che recuperano la biodiversità negli allevamenti e nell’agricoltura, che lavorano nel rispetto dell’ambiente, delle tradizioni e delle persone. C’è senz’altro un parallelo con l’architettura bioecologica».
Com’è la tua cucina di casa?
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È una cucina comoda, che negli anni ho attrezzato con tutto quello che mi serviva».
C’è un oggetto così funzionale che non te ne separeresti mai?
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Il frullatore a immersione, che uso spesso per cucinare creme, vellutate, salse… e spesso per i piatti della cucina francese, essendo io per metà francese, da parte di madre».
Il progetto dello spazio in cui si cucina può influenzare la qualità del cibo?
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Sì. Il benessere sul lavoro, in termini di spazio, luce naturale e ricircolo di aria incide sulla qualità del cibo che viene prodotto. Lo spazio per me è fatto anche dai colleghi, dalle persone con cui lavoro. Se si crea un clima di affiatamento e solidarietà, si lavora meglio e il cibo diventa più buono».
Mariagrazia Villa